lunedì 30 maggio 2011

Speranza


Giorgio andava a trovarlo ogni giorno. All’inizio non capiva fino in fondo il vero motivo per cui andasse. Il nonno Mario non era mai stato attento al Giorgio bambino, Giorgio ricorda solo che era molto risoluto quando gli spiegava come si utilizzasse questo o quell’altro strumento o quando lo portava con l’immaginazione all’interno dei complicati meccanismi che governavano i motori. Mario era un meccanico, di quelli bravi.
Adesso, invece, aspettava il suo turno come tutti.
La risolutezza e la caparbietà ora non c’erano più, Giorgio infatti notava come il suo vecchio nonno malato adesso assomigliasse molto al suo piccolo figlio e non al meccanico che tutto può e tutto aggiusta.
La sua macchina più importante, il suo corpo, si era rotta e il pezzo mancante era fuori produzione da un bel po’ di tempo…
Attraverso la “nuova infanzia” di Mario, Giorgio capì molti dei comportamenti del nonno di un tempo e si ritrovò egli stesso a osservarli mentri li utilizzava con il piccolo Luca.
Solo quando riuscì a osservare questo capì il motivo per cui lo andava a trovare tutti i giorni: perché gli voleva bene.
Ma non era mai stato in grado di dirglielo.
Adesso Mario era felice, nonostante la sua difficile condizione, perché aveva l’occasione di insegnare e far comprendere cosa significasse vivere e voleva sfruttare tutto il tempo rimastogli per potersi far conoscere al nipote e al mondo. Non voleva più nascondersi dietro la maschera del burbero meccanico.
Proprio mettendosi completamente a nudo nei racconti della sua vita che faceva a Giorgio aveva fatto comprendere a suo nipote quanto fossero stati importanti l’uno per l’altro.
La malattia aveva debilitato, certo, il corpo di Mario, ma lo spirito ne aveva giovato, in una sorta di compensazione delle parti.
Il corpo e tutto ciò che era stato legato alla quotidianità stava venendo meno ma nel contempo lo spirito acquistava forza e reagiva condividendo pensieri che erano stati acquisiti durante un’intera vita.
Ecco perché Giorgio andava a trovarlo ogni giorno che poteva. Per crescere insieme al nonno, per instaurare un rapporto più profondo, cosa che non sarebbe stata possibile, incredibilmente, se Mario non avesse avuto la fortuna-sfortuna di ammalarsi.
In tutte le cose ci sono sempre due parti indissolubili e opposte. Nella felicità c’è sempre un po’ di tristezza e nella tristezza c’è sempre un fondo di felicità.
Alcuni riescono a trovare il giusto mezzo durante la vita, altri hanno bisogno di scontrarsi con essa per vederne le potenzialità.
L’importante è esserne consapevoli.
Mario si era scontrato, duramente, con la sua vita. Ma era riuscito a trovarne il lato gioioso e grazie a questo era riuscito ad aprirsi alla sua famiglia.
Giorgio era molto triste al funerale di Mario, ma al contempo, questo l’aveva imparato durante tutte le visite al nonno, era felice perché gli insegnamenti di Mario vivevano in lui. E da lui passavano a suo figlio Luca, e da Luca al suo futuro figlio, e così avanti, affinchè ogni essere vivente che solca e vive in questa terra arida ma ricca, crudele ma dolce, triste e gioiosa, sappia beneficiare ed evolvere grazie agli sforzi e ai sacrifici di chi ci ha preceduto.
Perché nessuno è perfetto, ma ognuno è unico e irripetibile.

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